DELIBERA NULLA SE ADDEBITA

AL SINGOLO CONDOMINO LE SPESE POSTALI

E’ nulla – e come tale impugnabile anche oltre il termine di 30 giorni previsto dall’art. 1137 c.c. – la delibera assembleare con la quale si addebitano al singolo condomino le spese postali per lo scambio di corrispondenza intercorso tra lo stesso condomino e il condominio.”

Il Tribunale di Milano con sentenza n. 7103/2015 ha statuito che le spese postali rientrano tra le spese di gestione e quindi, anche se relative allo scambio di corrispondenza tra singoli condomini e il condominio, devono essere ripartite tra tutti i partecipanti al condominio in base alle tabelle millesimali. Per giurisprudenza costante, infatti, le spese di corrispondenza, anche verso singoli condomini, rientrano tra le spese di gestione – e non tra le spese personali – e per tale ragione vanno ripartite tra tutti i condomini. Si tenga altresì presente il principio più volte espresso dalla Suprema Corte in merito all’imputabilità al singolo condomino delle spese personali, ovvero che “è affetta da nullità … la deliberazione dell’assemblea condominiale che incida sui diritti individuali di un condomino, come quella che ponga a suo totale carico le spese del legale del condominio per una procedura iniziata contro di lui, in mancanza di una sentenza che ne sancisca la soccombenza e detta nullità, a norma dell’art. 1421 c.c. può essere fatta valere dallo stesso condominio che abbia partecipato all’assemblea ancorché abbia espresso voto favorevole alla deliberazione, ove con tale voto non si esprima l’assunzione o il riconoscimento di una sua obbligazione” (Cass. n. 24696/2008).

In conclusione, le spese di corrispondenza non possono essere addebitate al singolo condomino se non risulta che questi le abbia espressamente accettate; tale accettazione non è insita nel fatto che il condominio abbia votato a favore dell’approvazione del rendiconto e del relativo riparto delle spese senza con ciò assumere l’obbligazione di pagamento. In assenza, quindi, di accettazione espressa l’eventuale delibera che pone a carico di singoli condomini le spese di corrispondenza è da ritenersi nulla e per tale ragione impugnabile senza limiti di tempo. Le spese personali, invece, quali ad es. le spese relative alla richiesta di copie di documenti possono essere addebitate ai singoli condomini senza il rischio di vedersi dichiarata nulla la delibera che le abbia approvate.


DISTACCO DALL’IMPIANTO ELETTRICO COMUNE

La facoltà del singolo condomino di distaccarsi unilateralmente dall'impianto di riscaldamento centralizzato integra un suo diritto individuale, che può essere fatto valere nei confronti del Condominio a prescindere dall'esistenza di una delibera di autorizzazione o di diniego, la quale, se adottata in termini pregiudizievoli al singolo condomino, è nulla (Cass. n. 5331/2012, Tribunale di Taranto n. 240/2016).

Il distacco, tuttavia, opera solo per il futuro, perciò non è consentito chiedere restituzioni o danni relativi ad anni precedenti, non potendo la rinunzia avere effetti retroattivi. La rinunzia all'impianto centralizzato, pertanto, può operare solo dall'anno successivo al momento della proposizione della domanda.

Nella recente sentenza del Tribunale di Taranto vengono individuate le condizioni ricorrendo le quali il diritto al distacco prevale nei confronti dell'altro diritto del condominio, altrettanto meritevole di tutela, di ottenere da tutti i condomini la partecipazione alle spese comuni. In particolare, la rinunzia all'impianto comune non deve comportare uno svantaggio per gli altri condomini che continuano ad usufruire del bene comune. Si tratta di svantaggi che la giurisprudenza e, oggi, il nuovo art. 1118 c.c., individuano in uno squilibrio termico pregiudizievole all'impianto o in un aggravio di spese per coloro che continuano ad usufruirne, intendendo per spese quelle strettamente connesse al distacco e che senza di questo non avrebbero avuto origine.

Solo se il condominio che ha richiesto il distacco prova l’assenza dei predetti svantaggi, lo stesso potrà legittimamente distaccarsi e sarà esonerato dal pagamento del costo del combustibile, per il solo fatto di non godere più del servizio.

Egli rimarrà, tuttavia, onerato del pagamento delle spese di conservazione dell'impianto e, di quelle relative ad opere di manutenzione sia ordinaria che straordinaria.


ROTTURA PORTA D’INGRESSO DEL CONDOMINIO, CHI PAGA?

Se un inquilino rompe involontariamente ilcilindro della porta d'ingresso del condominiocon la propria chiave deve pagare lui la sostituzione del cilindro o essendo bene comune deve essere ripartita la spesa per i tutti i proprietari?

In assenza di assunzione di responsabilità chiara e precisa da parte del condomino che ha causato la rottura, non è possibile addebitare allo stesso i costi di quell'intervento.

In tal senso, la recente giurisprudenza ha affermato che "nel caso di danni causati da uno o più condomini alle parti comuni, l'assemblea condominiale non ha la competenza di attribuire i costi per le riparazioni a carico del soggetto ritenuto responsabile dell'evento lesivo. In tal caso o il soggetto chiamato a risarcire il danno presta corso volontariamente alla richiesta di risarcimento oppure sarà necessario promuovere una formale richiesta all'autorità giudiziaria. Ciò in quanto i poteri dell'assemblea sono limitati, ai sensi dell'art.1123 cc. al solo riparto delle spese tra tutti i condomini oppure ad una delibera di azione nei confronti dei condomini che abbiano dato causa alle spese medesime, ma non l'attribuzione diretta di spese a carico del condomino ritenuto responsabile delle stesse. Sarebbe quindi nulla la delibera con cui venisse statuita la responsabilità di una determinata spesa e la creazione di un titolo di pretesa creditoria nei confronti del presunto responsabile, rappresentando un tentativo di autotutela al di fuori dei poteri legali e dello schema legittimante di cui all'art.1123 c.c." (Trib. Modena 6 marzo 2012 n. 458, Trib. Milano 13 settembre 2005, Cass. 16 gennaio 2014 n. 820).

In assenza di assunzione di responsabilitàe salvo azioni legali per il suo riconoscimento, quindi, la spesa per la rottura cilindro portone d'ingresso deve essere ripartita tra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà.


IL PARCHEGGIO NELL’AREA CONDOMINIALE

Le problematiche inerenti il parcheggio nell’area condominiale nascono quando lo spazio a disposizione non è sufficiente ad accogliere i veicoli di tutti i condomini o quando alcuni di essi posteggiano selvaggiamente le proprie autovetture impedendo agli altri la fruizione dello spazio comune.

Sul punto, la Cassazione con sentenza n. 10624/2016 ha statuito che impedire/limitare l’uso dell’area comune mediante tecniche di parcheggio “selvaggio” configura turbativa del possesso e come tale può esserne giudizialmente ordinata la cessazione.

Trattandosi di spazi comuni, per la disciplina di questi ultimi occorre fare riferimento all’art. 1102 c.c., il quale vieta, in assenza di regolamentazione o di destinazione d’uso, al condomino il posteggio del veicolo per lunghi periodi nell’area condominiale – configurando ipotesi di turbativa al compossesso altrui - , laddove afferma che l’uso del bene comune non può alterare la destinazione e non può impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso.

Al fine di ovviare alle problematiche sopra descritte, laddove non vi fosse sufficiente spazio per tutti i condomini, si possono configurare le seguenti soluzioni:

  • frazionamento temporale ovvero una turnazione;
  • uso indiretto ovvero la concessione in godimento dell’area comune per poi suddividere l’utilità ricavata;
  • parcheggio a pagamento ovvero la delibera dell’assemblea condominiale che consenta ai condomini il parcheggio dell’auto nel cortile condominiale dietro pagamento di una quota mensile.